Intervista allo scrittore-archeologo Alessandro Luciano
Napoli protagonista nel romanzo “L’enigma della medusa”
In realtà, Napoli è protagonista di tutti e tre i miei romanzi. Questa volta, tuttavia, è diverso, poiché l’Enigma della medusa è ambientato in epoca contemporanea. Di conseguenza, il lettore potrà confrontarsi con una realtà che già conosce, o che potrebbe conoscere attraverso una breve visita partenopea. D’altronde, il fascino di Napoli è venuto recentemente alla ribalta grazie a diversi colleghi scrittori, e alle numerose serie televisive ambientate in città; il fenomenale incremento turistico degli ultimi anni lo dimostra chiaramente. Mi preme sottolineare che il richiamo alla “napoletanità” si esprime non solamente nella descrizione dei luoghi, ma anche in curiose espressioni dialettali, nel senso dell’humour che pervade il racconto e caratterizza molti personaggi, e dalla trovata di sostituire i titoli dei capitoli coi numeri della Smorfia, allusivi a ciò che sta per accadere.
Al suo terzo romanzo, dopo “Gli ultimi giorni del comandante Plinio” e “Nero saraceno”, sempre per Marlin editore, l’archeologo e scrittore Alessandro Luciano s’immerge in un thriller contemporaneo.
È la prima volta che mi confronto con un romanzo non storico, e ad essere sincero non mi sono sentito a disagio, anche perché le ambientazioni e i temi del romanzo richiamano costantemente il nostro passato.
Luciano, che cosa racconta “L’enigma della medusa”?
Il romanzo racconta il furto della Tazza Farnese dal Museo archeologico nazionale di Napoli, e il rocambolesco tentativo di ritrovarla da parte del Nucleo tutela patrimonio culturale dell’Arma dei Carabinieri, un corpo d’élite della Benemerita realmente esistente, e che da decenni rappresenta un’eccellenza italiana nel mondo. Come il lettore scoprirà, la ricerca della tazza non è semplice, e il capitano Ricci si troverà ad affrontare non pochi misteri.
Napoli e il suo museo archeologico sono al centro dell’intrigo. Come è nata l’ispirazione?
Lavoro al Museo archeologico di Napoli da oltre dieci, e sono Ufficiale della Riserva selezionata dell’Arma dei Carabinieri da circa cinque, avendo lavorato per un anno proprio al Nucleo tutela patrimonio culturale. L’ispirazione, naturalmente, è maturata nei contesti lavorativi. Ma vi svelo un segreto... Anche alcuni personaggi sono ispirati a colleghi e amici che ho la fortuna di conoscere.
Dopo il periodo antico del primo romanzo, e il Medioevo in “Nero saraceno”, qui le atmosfere sono contemporanee, ma non mancano flashback che dall’epoca moderna ci portano indietro di secoli…
A dispetto delle intenzioni, non sono riuscito a liberarmi completamente dall’attrazione del genere storico. Nel romanzo, il lettore troverà diverse digressioni storiche – nella forma di sogni, visioni o racconti – allusive alla storia tormentata e affascinante della Tazza Farnese. Pensate che questo magnifico reperto non è mai stato occultato: dall’epoca ellenistica, è giunto al museo partenopeo passando di mano in mano, attraverso mirabolanti peripezie e divenendo protagonista di vicende storiche fondamentali. Va sottolineato che tali digressioni hanno risvolti pratici nel racconto, per cui gli addentellati tra antichità ed epoca contemporanea sono frequenti e inestricabili.
Sarebbe azzardato parlare di un libro che coniuga la sua passione e competenza per l’archeologia e la storia con situazioni e tensioni alla Dan Brown?
Il protagonista, in una circostanza, scherza proprio su questo aspetto, sostenendo di essere stato catapultato in una vera e propria situazione “danbrowniana”. Il parallelo con un grandissimo della letteratura internazionale mi lusinga e imbarazza allo stesso tempo, ma con un pizzico di presunzione ritengo che proprio gli elementi misteriosi e i colpi di scena rappresentino il valore aggiunto del racconto. Diciamo che firmerei ad occhi chiusi per raggiungere l’1% delle vendite dello scrittore americano.
Chi è il capitano Lorenzo Ricci del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, protagonista del racconto? E che mistero deve dipanare?
Il capitano Ricci è un ottimo investigatore ma, al contempo, un esperto di antichità, cosa che gli permette di fronteggiare gli enigmi storici che ostacolano l’indagine. Il valore aggiunto di quest’ ufficiale, tuttavia, credo sia l’umiltà: quando si trova in difficoltà, infatti, non ha timore di palesare i propri limiti, chiedendo aiuto a personaggi quali Paride, Peppino e Benitozzi, all’apparenza meno competenti di lui. Il mistero che deve svelare è rappresentato dalla “mappa verbale”, un enigma criptico trascritto da Mauriello, stravagante dipendente del museo. Attraverso la mappa, il capitano si addentra in un contesto pericoloso e oscuro, in cui operano neopagani e filoborbonici. Ma è bene non svelare troppo…