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Il romanzo storico dello scrittore campano: "La spada di Manfredi""

Intervista a Francesco Nobile: "Il mio Manfredi e il sogno di un'Italia multiculturale"
Libro: La spada di Manfredi
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La straordinaria epopea del figlio prediletto di Federico II di Svevia, Manfredi, il falconiere che diventò il faro del Regno di Sicilia. Un romanzo corale adatto anche ai più giovani, che racconta un Sud Italia inedito. “La spada di Manfredi” di Francesco Nobile è una novità Marlin editore.


Nobile, come nasce il romanzo storico La spada di Manfredi?
Il romanzo nasce da un interesse generale verso la Storia e da un interesse specifico verso l'epoca sveva del Regno di Sicilia. Un tempo in cui è stato letteralmente inventato il Mezzogiorno d'Italia e che aveva molte affinità ma anche tante differenze rispetto al Sud che siamo abituati a conoscere. Per me è stato allo stesso tempo un viaggio nel nostro bellissimo territorio e un ritorno alle radici. L'elemento centrale da cui sono partito è questo: l'Italia è abbastanza giovane in termini di unificazione nazionale ma, strano a dirsi, ha una lingua molto antica. I nostri libri di Letteratura hanno più pagine di quelli di Storia...

Che cos’è per lei la Storia e che cosa significa coniugarla con la forma romanzo?
La Storia è il passato che abbiamo conservato per il presente. Molto però va perduto nel tempo e romanzarla serve a riempire i vuoti.

Che tipo di lavoro ha compiuto per realizzare il libro?
Scrivere un romanzo storico è in prima battuta un'operazione di ricerca. Ho letto molto (la mia base di partenza è stata la tesi di laurea in Storia Medievale, su Manfredi di Svevia) e ho viaggiato molto. Quasi tutti i luoghi che descrivo li ho visti in prima persona. Sono ancora lì, ad arricchire il nostro territorio e a renderlo unico.

Chi è per lei Federico II? E Manfredi?
Descrivere questi personaggi in poche righe è impossibile. Soprattutto Federico II che ancora oggi, a secoli di distanza, ha lasciato un'impronta indelebile: basti pensare all'università di Napoli, ai castelli, alle sue opere letterarie, diplomatiche. Lo stesso Manfredi è stato celebrato dai versi immortali di Dante: «biondo era e bello e di gentile aspetto». Dal mio punto di vista, si tratta di due personaggi di una modernità incredibile. Leggendo le loro vite, si rimane colpiti da quanto fossero avanti rispetto alla loro epoca.

Che cosa ci può insegnare o comunque trasmettere questa narrazione in relazione all’oggi?
Che la multiculturalità è un valore da difendere. La corte sveva era frequentata da dotti ebrei e musulmani, e la “magna curia” aveva contatti con tutto il mondo mediterraneo. I notabili del Regno non erano solo uomini di potere, ma anche amanti appassionati di cultura.

Come è nata l’idea di inserire Dante come personaggio?
L'ammirazione che Dante aveva verso la dinastia sveva è arcinota. Ne parla in maniera diffusa nelle sue opere, lodando soprattutto le esperienze poetiche della scuola siciliana. Quindi, quando ho deciso di inserire una cornice che inquadrasse gli avvenimenti del libro, ho pensato: chi meglio del sommo poeta?

Un Sud inedito e multiculturale, ad esempio, è un tema contemporaneo…
Lo è di sicuro. Nei recenti anni si è parlato molto di “scontro di civiltà”, e lo straniero troppo spesso è stato bollato sommariamente come un nemico. In verità i popoli hanno – da sempre – dato prova di saper convivere meglio dei loro rispettivi governanti. Ma senza andare lontano, è facile comprendere che il Mezzogiorno, anche solo per la sua conformazione geografica e per la posizione al centro del Mediterraneo, è stato crocevia di popoli e culture da sempre. E continuerà ad esserlo.

Il marlin, da cui la casa editrice prende il nome, è il pescespada che Hemingway amava pescare
al largo di Cuba e che gli ha ispirato lo splendido romanzo “Il vecchio e il mare”

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